Bambini e adolescenti affetti da patologie croniche complesse

Le malattie croniche complesse (children with  medical complexity, CMC),  congenite o acquisite, colpiscono, secondo le stime ufficiali, un bambino o ragazzo su 200, di età compresa tra 0 e 16 anni.  Rientrano in questa stima le malattie rare e degenerative, le patologie neonatali croniche e acute, le sindromi, le malformazioni congenite e la grave prematurità neonatale.

Grazie ai progressi in campo medico e scientifico, diverse patologie, che un tempo erano fatali per i piccoli pazienti, oggi possono essere trattate e curate. I bambini con malattie croniche hanno infatti aspettative di vita spesso confrontabili con la popolazione sana. E’ in aumento, di conseguenza, il numero di pazienti pediatrici portatori di condizioni croniche, che presentano bisogni speciali. L’aumento dell’aspettativa di vita tra i bambini con malattie croniche può portare con sé, come naturale e inevitabile conseguenza della malattia o del trattamento, sofferenze dovute a gravi fragilità. Anche nelle situazioni meno compromesse, il bambino e la famiglia vivono comuque livelli di disagio legati alla “convivenza forzata” e duratura con la patologia e il suo trattamento, che influiscono sul benessere psicologico e sociale. Una problematica con la quale il bambino e la famiglia dovranno, nella maggior parte dei casi, confrontarsi per l’intero percorso di vita.

Il piccolo paziente e la famiglia devono infatti fare quotidianamente i conti con le limitazioni che la malattia e i trattamenti impongono. Questi bambini possono, ad esempio, essere a rischio di isolamento sociale e avere problemi emotivi causati dal sentirsi “diversi dagli altri” perché costretti a delle cure e a controlli continui. L’evoluzione del disturbo e i necessari trattamenti terapeutici possono influenzare molto alcuni aspetti della vita quotidiana, in quanto alterano le relazioni con i familiari e gli amici, diminuiscono le capacità di attenzione e le energie mentali e fisiche. Influiscono inoltre sul modo in generale di approcciare le esperienze, anche quelle piacevoli, e mettono alla prova il senso di sicurezza del bambino.

Con l’introduzione  del modello bio‐psico‐sociale è stata rimarcata l’importanza di considerare il paziente in modo olistico e la sua malattia come un evento complesso costituito da una alterazione del sistema a diversi livelli tra loro integrati come, appunto, quello biologico, psicologico e sociale.

Nell’affrontare un disturbo con una durata lunga, spesso controllabile ma mai guaribile, la valutazione del “miglior trattamento possibile” non deve limitarsi esclusivamente gli aspetti clinici, ma dovrebbe considerare anche elementi direttamente associati alla qualità di vita del paziente, come aspirazioni personali, valori, qualità delle relazioni e bisogni. In altre parole, prendersi cura del paziente, più che limitarsi a curarlo. L’obiettivo principale delle cure dei bambini con malattie croniche con una significativa aspettativa di vita è infatti raggiungere la vita adulta in modo il più possibile analogo a quello dei coetanei sani, adoperandosi affinché lo sviluppo fisico, sociale, emotivo e intellettivo sia il meno possibile limitato dalla malattia. Prendendo a prestito le parole di Rita Levi Montalcini bisogna dunque adoperarsi per “aggiungere vita ai giorni” .

Delicato il compito dei genitori che si trovano catapultati in un attimo, dal momento della diagnosi, in una realtà imprevista, in cui si devono confrontare con trattamenti e controlli medici continui e in cui devono gestire direttamente situazioni sanitarie complesse e frammentate, sentendosi spesso dei Case Manager della salute dei figli. I genitori di questi bambini devono diventare esperti delle cure e devono gestire responsabilità sanitarie enormi, come la preparazione preliminare ai day hospital, che spesso richiedono diete e/o digiuni e/o deprivazione di sonno, la somministrazione di farmaci e le misurazioni di parametri con frequanza quasi quotidiana.

Molti genitori vivono quasi un senso di espropriazione del ruolo affettivo ed educativo che dovrebbe rappresentare la centralità della loro relazione con i figli.  Faticano a  trovare equilibri tra la cura e l’educazione, il sostegno e l’affettività. Diventa impresa ardua elaborare prima e far convivere poi, il dolore legato alla malattia dei figli e il senso di impotenza che ne consegue con la preoccupazione e il dubbio sul percorso di vita dei figli.

La sofferenza dei pazienti e delle loro famiglie è aggravata dalla disperazione psicologica, dalla mancanza di opzioni terapeutiche e di supporti pratici nella vita quotidiana. La malattia cronica complessa può far vivere la sensazione di essere soli e poco compresi da chi non vive la medesima situazione. Richiede inoltre l’elaborazione di molti vissuti che riguardano vari aspetti della malattia, quali il momento della diagnosi, i sintomi, il decorso, la cronicità, l’accettazione e le cure.

Tutto questo fa parte dell’esperienza quotidiana di tantissime famiglie che convivono con la malattia e devono trovare un modo per preservare una buona qualità della vita per il figlio e per l’intera famiglia.

E’ importante, in alcuni casi fondamentale, quando il processo di elaborazione risulta faticoso, frammentato se non impossibile, richiedere un aiuto e  confrontarsi con degli specialisti per far emergere vissuti, emozioni e difficoltà, ma anche risorse e possibilità di benessere per il paziente e la famiglia. L’intera famiglia è infatti colpita dalla malattia del loro caro e diventa fragile  psicologicamente, oltre ad essere economicamente vulnerabile.

E’ fondamentale quindi che nell’approccio alla malattia venga considerato il risvolto psicologico dei bambini ma anche dei genitori, che può essere trattato con setting classici psicoterapici, con interventi domiciliari di tipo psicologico e con setting gruppali.

 

A cura di Alessandra Cipolloni (PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA)

Tutti i commenti (1)

    Buongiorno,
    Chiedo se per caso il paz in età evolutiva e adolescenziale venga anche valutato con dei test.
    Stesso quesito per il genitore/famiglia.

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